Quando è pignorabile la prima casa da Equitalia

Apr 23, 2017

Dal 2013 la cosiddetta prima casa del contribuente non è più pignorabile da Equitalia (lo resta per tutti gli altri creditori come, per esempio, la banca, il fornitore, ecc.). Detta così, la norma potrebbe far saltare di gioia parecchi debitori del fisco che, pur conservando nell’archivio decine di cartelle esattoriali per cifre stratosferiche, avrebbero di che dormire sereni. La cosiddetta impignorabilità della prima casa è, invece, subordinata a una serie di condizioni che vedremo qui di seguito.

Non deve essere solo la prima casa, ma l’unica

Innanzitutto è bene usare la giusta terminologia per evitare confusioni. La legge non vieta il pignoramento della prima casa, ma solo quello dell’unica abitazione. Dunque, nel caso in cui il contribuente, dopo aver acquistato la “prima casa”, ne acquisti anche una seconda, rende pignorabile tanto la prima quando l’altra. Invece, condizione necessaria per ottenere il beneficio in commento è che l’immobile sia anche l’unico e che, quindi, il debitore non ne abbia altri intestati. Nessun problema per le pertinenze: garage e cantina dell’unica casa sono salvi.

Unica casa: la norma che parla di “unico immobile di proprietà del debitore”. Questo significa che se il contribuente, oltre alla casa di abitazione, possiede un piccolo appezzamento di terra (anche pochi metri quadrati) adibito ad orticello (uso agricolo) potrà vedersi pignorata la casa che, appunto, non è più l’unico immobile. L’unica alternativa per il debitore è quella di vendere la terra: in tal modo, la casa rimarrebbe il solo immobile di sua proprietà e non potrebbe più essere pignorato. Una soluzione che non sembra in linea con la legge, la cui finalità era quella di garantire un tetto sotto cui dormire ad ogni contribuente.

È necessaria la residenza anagrafica

Non basta che l’abitazione sia l’unica del contribuente, essa deve anche rispondere ad altre tre condizioni:

– il debitore vi deve risiedere anagraficamente;

– l’abitazione deve avere destinazione catastale residenziale;

– l’immobile non deve essere di lusso.

Quando al primo requisito, il debitore deve aver fissato la propria residenza anagrafica nell’immobile: se il contribuente ha residenza in una unità presa in affitto e possiede un unico fabbricato dove invece non vive (magari per aver dato anch’esso in affitto), quest’ultimo potrà essere espropriato. Non è precisato a quale data deve sussistere il requisito della residenza anagrafica. Nel silenzio della legge, dovrebbe trattarsi della data in cui hanno inizio le operazioni di esproprio (trascrizione e notificazione dell’avviso di vendita). Questo, però, potrebbe facilitare manovre di spostamento della residenza fatte al solo fine di aggirare le disposizioni di legge.

Destinazione abitativa

Come detto, l’abitazione deve avere destinazione catastale abitativa. Ne consegue che se il debitore risiede in un immobile ad uso ufficio, esso è pignorabile.

L’immobile non deve essere di lusso

L’immobile non deve essere classificato catastalmente come A8 (ville) o A9 (castelli), né deve possedere i requisiti delle case di lusso, di cui al decreto del ministero dei Lavori pubblici del 2 agosto 1969 , a prescindere dalla categoria catastale di appartenenza.

Quest’ultima precisazione ha la finalità di evitare che risultino aggredibili dall’agente della riscossione unicamente le case classificate come A1, in considerazione del fatto che tale classificazione è presente solo in pochi casi e che nella realtà le abitazioni di lusso sono in numero maggiore di quanto dichiarato al catasto.

Se manca anche una di queste condizioni

Se una delle suddette condizioni viene meno, l’immobile è pignorabile da Equitalia, ma sempre a condizione che l’intero debito raggiunga almeno 120.000 euro. Se invece è inferiore, Equitalia potrebbe tutt’al più iscrivere ipoteca sull’immobile (sempre a condizione che si tratti di debiti superiori a 20.000 euro), ma non già metterlo in vendita.

Pignoramento non significa ipoteca

Quanto finora detto a beneficio della cosiddetta “unica abitazione” implica che Equitalia non possa pignorarla: il che significa che non può svolgere un’azione esecutiva, mettere in vendita l’immobile con un’asta pubblica e, quindi, soddisfarsi sul ricavato della vendita forzata. Tuttavia questo non escludere che Equitalia possa invece iscrivere ipoteca sulla “unica abitazione”. L’ipoteca è sempre consentita a condizione che il credito di Equitalia sia uguale o superiore a 20mila euro.

Se la casa è nel fondo patrimoniale

Il fatto di aver tutelato la casa nel fondo patrimoniale non costituisce una garanzia di non pignorabilità della stessa. Infatti gli immobili inseriti nel fondo possono essere ugualmente oggetto di esecuzione forzata in tutti quei casi in cui le obbligazioni per cui si procede siano state contratte per il bisogno familiare .

Tuttavia la valutazione dei bisogni della famiglia non è un concetto univoco, in quanto varia per ciascun nucleo familiare, essendo i coniugi ad indirizzare la vita comune e a stabilire quali sono gli obiettivi che intendono raggiungere, occorre utilizzare altri parametri.

Inoltre, non è chiaro se i debiti tributari di cui si tratta possono considerarsi contratti nell’interesse della famiglia. Una giurisprudenza più recente è orientata in favore del fisco, ritenendo che anche le imposte sui redditi, non pagate per l’esercizio di attività commerciale, sono da considerare rientranti tra i debiti per il bisogno familiare, atteso che il lavoro in sé considerato è anche destinato al sostegno dei membri della famiglia.

In alcuni casi si è distinto in base alla tipologia di debito tributario: un debito derivante da Irpef sui redditi fondiari dei beni costituiti in fondo è sicuramente estraneo ai bisogni della famiglia e come tale non potrebbe paralizzare l’esecuzione ma i redditi confluiscono in unico debito con altri redditi.

La giurisprudenza non è concorde, propendendo in alcuni casi per l’aggredibilità dei beni del fondo e in altri casi per l’esclusione .

Per la Cassazione si applicherebbero le disposizioni ordinarie e dunque l’AdR può iscrivere ipoteca sui beni del fondo patrimoniale, appartenenti al coniuge o al terzo, se il loro debito è stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari e quando, anche se contratto per uno scopo estraneo a tali bisogni, il titolare del credito per cui l’esattore procede alla riscossione non conosceva tale estraneità .

Sono ricompresi nei detti bisogni anche le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, con esclusione solo delle esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi.